martedì 26 gennaio 2010

340 miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di indirizzi in totale

La Number Resource Organisation è un ente che rappresenta gli interessi dei cosiddetti Regional Internet Registres, altri enti che hanno in gestione gli indirizzi IP per conto della IANA, organismo che li assegna a chi ne fa richiesta. Aggiungeremmo che la Iama fa parte dello Iab, ma forse il discorso diventerebbe troppo complesso. A che serve tutta questa burocrazia? Ad avvisarci che lo spazio su internet sta velocemente finendo. Quante altre volte avete sentito questa storia? Spesso, crediamo.
I primi avvisi giunsero proprio all'alba della storia del Web, come una sorta di memento mori che forse però non teneva conto della supersonica velocità di sviluppo dello stesso. Beh, pare che adesso, stiano davvero finendo gli indirizzi. Come tutti sanno infatti, ad ogni sito corrisponde un unico indirizzo IP, rappresentato da una serie di numeri, ai quali viene conferito anche un nome, come www.wired.it, perché possa essere più facile da raggiungere per il navigatore. Facendo dei calcoli, pare che sia rimasto libero solo il 10% di spazio tra tutti gli indirizzi disponibili ed è quindi ora di cambiare protocollo.
Già, perché il problema esiste in quanto non è stato ancora completato, ed anzi, siamo ancora ben lontani dall'essere anche solo vicini al suo termine, il passaggio dal sistema IPv4 a IPv6, ovvero ad un nuovo sistema di indirizzamento di rete, che usa otto gruppi di cifre esadecimali ciascuno. Che vuol dire all'atto pratico? Avere più spazio: gli indirizzi IPv4 sono codici binari a 32 bit e ce ne sono a disposizione più di 4 miliardi (ossia 232 , tutte le combinazioni di numeri comprese tra 0.0.0.0 e 255.255.255.255) . Il protocollo IPv6 permette di gestire fino a 2128 indirizzi (ossia molti, ma molti di più, per la precisione 340 miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di indirizzi in totale ).
Dove sta la fregatura? Nel fatto che IPv4 e IPv6 non si parlano tra loro. Quindi è necessario un investimento globale, che finora ben pochi Paesi hanno fatto per passare al nuovo protocollo. Solo che, andando avanti alla velocità attuale, il tempo potrebbe non bastare. Raul Echeberria, segretario del Number Resource Organisation ha affermato che solo il 17% tra 610 enti, governi, pubbliche amministrazioni e imprese, considerate da un sondaggio realizzato dall'Unione Europea, hanno effettuato l'upgrade a IPv6. Il passaggio non è eccessivamente problematico, dicono gli esperti, ma è costoso, visto che bisogna aggiornare o sostituire software e hardware.
Finora sono astati utilizzati alcuni escamotage, come mettere 25 web server su un solo IP, ma ora le scorciatoie non bastano più. Insomma, anche stavolta è una questione di soldi, ma il problema, dopo tanti al lupo al lupo, è serio e va risolto in fretta. Certo, anche cercare di rintracciare gli indirizzi assegnati da più di X anni, oramai inutilizzati e ridistribuirli non sarebbe nemmeno la peggiore delle idee.


fonte:
Wired

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